Non succedeva da quasi quarant’anni. Ci siamo ritrovati così, come allora. Avevamo circa 20 anni, anche meno. E ci si divertiva con poco: una partita con le biglie sulla sabbia, un torneo di calciobalilla, una partitella in riva al mare (si poteva).
E così la grande Betty Squadroni, anima e nome del Bar Betty di Porto San Giorgio anni 1975-1990 (ma io ho militato fino al 1984, poi quando mi sono sposato sono convolato ad altre vacanze), ha preso su telefono e social media, e ci ha convocati tutti per una reunion.
Ma che cosa c’entra questo con la corsa?
Centra perché la mattina dopo sono andato a correre sul lungomare. Ed è stato come tornare indietro ad ogni passo. Perché ognuno di quei metri mi raccontava una storia, mi sussurrava un viso, mi disegnava un sogno. Perché quando hai vent’anni di sogni ne hai tanti, e pensi di poterli correre tutti, pensi che tutti i traguardi siano afferrabili, siano lì, pronti per te, per regalarti il futuro. Come lo stai già gustando.
I traguardi adesso sono dietro le spalle, diversi, ma senza “rimpianti, ne ho pochi e così pochi che non vale la pena neppure menzionarli”.
Così giù fino al molo, che all’epoca era tutta una cosa diversa, e poi, indietro, risalendo la costa verso il grattacielo, i due tratti di penna sulla carta che chiudevano un mondo, serravano l’estate per evitare che la felicità scappasse via, come invece regolarme nte faceva ad ogni fine stagione per ricacciarti nella tua vita.
Correndo ho avuto la certezza che ogni singolo istante mi resta dentro e che tutto concorra davvero per il bene. E mi spinga ai miei nuovi traguardi, segnati sul selciato.